Se la logica vuole che a volare siano generalmente le Eagles (le Aquile), tanti anni di dura Premier League ci hanno viceversa insegnato che il termine successo ha poco a che vedere con il povero Crystal Palace (tirato in mezzo esclusivamente per ragioni pratiche) e molto a che fare con club che, effettivamente, non hanno tardato ad accaparrarsi i piani alti della classifica sin dalle primissime giornate.
Sto parlando ovviamente di Manchester City, di Tottenham e di Arsenal (rispettivamente prima, seconda e terza forza del campionato), ma anche della diade di Liverpool, finalmente ai vertici in contemporanea dopo un’infinità di tempo. A proposito: dopo il Manchester United, sesto in graduatoria, si trova proprio il Crystal Palace. Un accostamento non insignificante, se si pensa che non più di quattro mesi fa Red Devils e Eagles si stavano contendendo, a Wembley, l’ultimo trofeo della stagione: la FA Cup.
La sesta giornata, andata in scena tra sabato e domenica e che verrà completata stasera dal Monday Night tra Burnley e Watford, ha permesso a Guardiola di mettere i puntini sulle i della frase “inchinatevi dinnanzi all’incessante dominio del City“, ma anche di aumentare a dismisura il numero di club nella parte alta della classifica: tra la seconda (il Tottenham) e l’ottava (il Chelsea) in classifica corrono appena quattro punti, fondamentalmente un niente.
Il Man United vince senza convincere, Ibra rimane a secco per la terza volta (la seconda consecutiva) dall’inizio del campionato e Rooney entra a dieci minuti dalla fine con tracce di smarrimento sulle spalle. Però si sblocca Pogba, finalmente liberato dal peso di un Fellaini dal dubbio futuro. E funzionano sia Mata che Rashford. Insomma, il 4-1 dei Red Devils sul Leicester è talmente pluri-interpretabile che sembra quasi debba essere la soggettività di ognuno di noi a tracciarne il giudizio, positivo o negativo che sia. Quel che è certo è che Mourinho non può essere soddisfatto, se non altro perché il poker di benservito a Claudio Ranieri è saltato fuori grazie ai colpi dei singoli, e in un momento della gara in cui era l’equilibrio a regnare incontrastato.
Non sarà sicuramente migliore l’umore dalle parti di Goodison Park stamattina: il giustiziere dei Toffees si chiama Junior Stanislas, il più classico degli uomini che non ti aspetti. Bornemouth-Everton è un 1-0 che più amaro non si può, un po’ come quello sofferto (al cubo) dall’altro sconfitto eccellente di giornata, nientemeno che Antonio Conte. Il 3-0 dell’Emirates fa rumore soprattutto perché arrivato una settimana dopo la sconfitta interna contro il Liverpool, e perché, presa in considerazione la consueta sosta settembrina, i Blues non vincono da un mese esatto (Chelsea 3-0 Burnley). Ne approfitta l’astuto Wenger, che non schioda Sanchez dalla posizione di attaccante centrale e viene puntualmente ripagato proprio dal Niño (un gol e un assist).
Tre punti preziosissimi per i Gunners (da sommare ai 9 accumulati nelle precedenti 3 gare), che mettono pressione ad un Tottenham altrettanto in forma nonostante la pesantissima assenza di Harry Kane. Pochettino ha fiducia nel neo acquisto classe ’94 Janssen, e non si fa problemi a dimostrarlo buttandolo nella mischia dal primo minuto sul campo del Middlesbrough. L’olandese ricambia con l’assist per Son (che raddoppierà pochi minuti più tardi) in occasione dell’1-0. Boro che, d’altro canto, sta vivendo un vero e proprio principio di crisi: dopo i 5 punti messi in cassaforte nelle prime tre giornate, gli uomini di Karanka hanno inanellato una serie di altrettanti KO consecutivi. Eppure, almeno sulla carta, la squadra c’è: Barragán, Chambers, Ramírez e Negredo sono giocatori di livello e (chi più, chi meno) esperienza, ragion per cui resta difficile pensare che le cose, nel corso della stagione, non possano andare meglio.
Miglioramento, un sostantivo a cui dovrà a tutti i costi pensare il Sunderland. È sì vero che Big Sam Allardyce vanta da anni – e a ragione – la nomea di uomo da rimonte last-minute, ma è altrettanto vero che con la media attuale di un punto ogni sei partite la salvezza appare un tantino ambizioso come obiettivo. Appello anche al West Ham, dove il parco attaccanti è talmente numeroso che Bilic si trova costretto a lasciarne in tribuna quasi la metà. Zaza, per la cronaca, è ancora a secco di gol, così come gli Hammers lo sono di punti nelle ultime quattro giornate.
Umore agli antipodi, a duecento chilometri di distanza, quello degli attaccanti del Liverpool: nel roboante 5-1 inflitto all’Hull City, i Reds sono andati a segno con tutti i giocatori offensivi meno che Roberto Firmino (fermo a quota 2 in campionato). Milner, Henderson & co. hanno fino ad ora concretizzato con discreta frequenza i fiumi di occasioni create, abbassando nettamente allo stesso tempo la media delle reti subite (2,5 quella relativa alle prime due giornate di Premier, 1 quella attuale considerando le ultime quattro gare).
Dulcis in fundo, Manchester City. Guardiola ha catechizzato tutti fin da subito, e i risultati si vedono sul campo. Fatti, non parole. De Bruyne, Agüero, Silva, Fernandinho, Sterling: ma di cosa stiamo parlando? Ogni tassello è al posto giusto, ogni dettaglio è curato alla perfezione. Questo City andrà lontano semplicemente perché non potrebbe essere altrimenti.
SIMONE TORRICINI – @TorriciniSimone