Dalle parti di Old Trafford hanno sempre avuto palati molto fini. E dagli anni ’80, il palato fine si è acuito verso una maglia in particolare, la numero 7. Fino a pochi anni fa ad indossarla sono stati grandissimi interpreti come George Best, Robson, Cantona, Beckham e Cristiano Ronaldo. Dalla partenza di CR7, purtroppo per i tifosi dei Red Devils (e non me ne vogliano i prossimi ad essere citati), i vari Owen, Di Maria e Depay hanno interrotto la striscia di fenomeni con la maglia che, ai tempi, era dell’ala destra. Ma questa è un’altra storia, e ci sarà tempo e modo di parlarne in un’altra occasione.
David Beckham, agli albori della sua carriera, si mostrò coraggiosissimo, a prendere una maglia del genere subito dopo Eric Cantona.

David nasce a Londra il 2 maggio del 1975 e già a 10 anni, mostrando un talento fuori del normale, ottiene la possibilità di allenarsi e fare provini con vari club: Barcellona, Leyton Orient, Norwich City e Tottenham. Fallisce queste occasioni, ma nel 1991 ottiene l’occasione della vita con il Manchester United, e la sfrutta fino in fondo, lasciando anche gli studi per intraprendere la carriera sognata fin da bambino. Esordisce in prima squadra il 23 settembre del 1992, ma per un giovanissimo come lui c’è poco spazio in un club ambizioso come quello allenato da Alex Ferguson, così nel gennaio del 1995 va in prestito al Preston North End. È un prestito bimestrale, in cui gioca solo 5 partite. Ma nelle sue due reti c’è qualcosa che fa scattare una scintilla in chi lo guarda. Come segna? Una rete la segna su punizione, l’alta direttamente da corner.

Torna a casa, e nella stagione 1995/1996 partecipa al double dei Red Devils con la maglia numero 24 sulle spalle e in quella successiva gli viene assegnata la numero 10, nell’ultimo anno di Cantona.
Poi il francese lascia il calcio, e soprattutto lascia quella maglia numero 7 che rappresenta ormai un simbolo per la prima squadra di Manchester. E il giovane decide di prenderla.
E con quella maglia, con quel club, in quello stadio, si fa conoscere come uno dei giocatori più forti della sua generazione, vincendo 13 titoli, tra cui 5 campionati e una Champions League, e segnando 83 reti in 374 partite.

Ha tutto per sfondare: esterno destro di centrocampo con un piede favoloso, ha corsa, intelligenza tattica e visione di gioco, tanto da giocare quasi come un “regista laterale”. Sui calci piazzati pare una sentenza, sia quando si tratta di servire un compagno, sia quando c’è da battere direttamente a rete, con un movimento del corpo e del piede che diventano famosi e difficilmente imitabili.
Nel 2003 passa al Real Madrid, che lo strappa a quel Barcellona che lo aveva rifiutato qualche anno prima, e prende la maglia numero 23, col quale farà altrettante prodezze e vincerà molti altri titoli con i Galacticos di Florentino Perez. Poi l’MLS, il Milan e il Paris Saint-Germain, con il quale chiuderà la sua carriera calcistica.
E alla sua partenza da Manchester, a proposito di giovani coraggiosi, nacque la storia di Cristiano Ronaldo e della sua maglia numero 7.

RUGGERO ROGASI
Twitter @RuggeroRogasi
Le altre nostalgie del 2000:
-Portiere: Edwin van der Sar
-Difensore: Rio Ferdinand
-Difensore: Jamie Carragher
-Difensore: Sol Campbell