Gli anni tra il 2000 e il 2010 sono stati gli ultimi anni del dominio della Premier League nel calcio europeo. L’apice è stato negli anni ’90, tra vari Shearer, Cantona e le esplosioni di giovani come Scholes e Beckham. Con il nuovo millennio è arrivata la Liga, con all’inizio il Real Madrid dei Galacticos di Florentino Perez, che riuscì a radunare alcuni tra i migliori giocatori del periodo. Per alcuni dei campioni della Premier, quindi, dopo un periodo di crescita in Inghilterra arrivava l’offerta delle Merengues. Qualcuno rifiutava, qualcuno andava e dopo aver fallito tornava (un esempio è Owen) e qualcuno restava e diventava ancora più forte, come Beckham e, appunto, van Nistelrooy.
Ruud van Nistelrooij (così si scrive in realtà il suo cognome) nasce a Oss, in Olanda, il 1° luglio del 1976. Tra il 1993 e il 1997 milita nel Den Bosch, prima di passare una stagione all’Heerenveen e altre tre al PSV Eindhoven prima della chiamata del Manchester United, nel 2001.

In realtà i Red Devils lo avevano già chiamato l’anno precedente: cifra pattuita con gli olandesi (28 milioni di euro) e firma quasi sul contratto, ma a bloccare l’affare fu un infortunio al ginocchio del giocatore, che fece slittare tutto alla stagione successiva.
Prende la maglia numero 10 e inizia a segnare a raffica. Soli tre titoli a Old Trafford, tra cui un campionato, una volta capocannoniere della Premier League e per tre anni di fila, tra il 2002 e il 2004, capocannoniere della Champions League.
Era un attaccante d’area di rigore, fisico esuberante e grande capacità nel gioco aereo, ma anche una buona qualità con i piedi e un discreta velocità nonostante la statura, 189 centimetri. All’inizio della sua carriera fu paragonato a Marco van Basten, ma gli ci volle poco per diventare lui termine di paragone: due anni e mezzo per raggiungere quota 100 gol con la maglia dello United (il più veloce di sempre), un totale di 149 reti in 215 partite, media che confermerà anche nel suo periodo al Real.

Già nel 2005 manifestò la volontà di partire a causa di alcune incomprensioni con Ferguson, ma si convinse a restare un altro anno. In quell’ultimo anno arrivò secondo nella classifica marcatori, dietro a Henry, a causa forse anche delle 7 panchine alla fine della stagione, con annessa l’esclusione dalla finale di coppa, comunque vinta dalla squadra.
Partì quindi per il Real Madrid (4 stagioni), poi Amburgo (2) e un ultimo anno al Malaga, prima di appendere gli scarpini al chiodo.
A dire il vero il suo palmarès, a livello di squadra, non è ampissimo: 9 titoli (tre con il PSV, tre con lo United e 3 con il Real), per una carriera durata 15 anni nel calcio professionistico. Diverso il discorso a livello individuale, con 323 reti in 509 partite e altri 35 in 70 presenze con la Nazionale Olandese (tra il 1998 e il 2011). Fu frenato, in parte, dagli infortuni al ginocchio destro, lo stesso del momentaneo stop alle trattative per il passaggio in Premier.

Ma nella carriera ha fatto abbastanza per passare da “paragonato” a van Basten a “metro di paragone”, e modello, per i giovani attaccanti olandesi che si affacciano nel mondo del calcio.
Non è da tutti.
RUGGERO ROGASI
Twitter @RuggeroRogasi