Una carriera in pochi anni. Questa può essere la sintesi della storia calcistica di Michael Owen, capace di vincere tantissimo da giovanissimo e poi rovinarsi per qualche infortunio di troppo.
Nasce il 14 dicembre del 1979 a Chester. Il padre Terry, ex calciatore professionista, abitua lui e i suoi tre fratelli a praticare attività sportiva, tanto da iscrivere prima Michael ad un corso di pugilato, ma dirottarlo poi sul calcio una volta viste le preferenze del figlio. Nel 1991, dopo qualche anno di scuola calcio, prova ad entrare nelle giovanili dell’Everton, squadra di cui era tifoso ma, scartato per la corporatura esile, viene preso dal Liverpool, che lo educa per diventare un potenziale campione. Nel 1996 aiuta giovani dei Reds a vincere la loro prima FA Youth League, in finale contro il super West Ham di Rio Ferdinand e Frank Lampard (imbattuto da 24 gare), e a dicembre firma il suo primo contratto da professionista. Il suo avvento nel calcio dei grandi è una bella notizia per il Liverpool, ma anche per tutta l’Inghilterra, scottata dalla delusione della Nazionale nell’Europeo casalingo.
Per debuttare con il Liverpool però deve aspettare il 6 maggio del 1997, contro il Wimbledon. Il ragazzo segna, ma i Reds perdono partita e titolo, vinto dallo United.
La Kop però ne è sicura: ad Anfield c’è un nuovo fenomeno, lo accostano a Robbie Fowler, al momento prima scelta nell’attacco dei Reds. Veloce, freddo, grande elevazione nonostante la statura, Owen è però quasi il contrario del titolare, più istintivo e spontaneo sul campo.

Gli infortuni di Fowler consacrano il ragazzo, e in men che non si dica, con raffiche di gol nel frattempo, arriva il Mondiale in Francia del 1998. Non parte titolare, ma lo guadagna durante la rassegna mondiale, ed ecco che arriva la partita contro l’Argentina. L’Inghilterra perde ai rigori, ma il Golden Boy (ormai battezzato così dai suoi tifosi), segna uno dei gol più belli della storia dei Mondiali.
Il ragazzo, non ancora 19enne, supera la delusione e ricomincia a lavorare e segnare: nel 2001 il Liverpool vince 5 trofei e per il ragazzo arriva il Pallone d’Oro.
Ed è quello il suo apice. Sale alle luci della ribalta, anche in Nazionale, un altro Wonder Kid, Rooney, con un coinvolgimento popolare simile a quello avuto per Michael, quasi a rubargli la scena.

Nel 2004 arriva il Real Madrid, e il 24enne corre in Liga a giocare accanto a Zidane, Ronaldo, Raul, Figo e Beckham. Segna, come ha sempre fatto, ma soffre la concorrenza spietata nei Galacticos e decide, su consiglio dell’allenatore Vanderlei Luxenburgo, di lasciare Madrid.
Nel frattempo il Liverpool vinceva la Champions League.

Passa al Newcastle, dove raccoglie l’eredità di Alan Shearer. E cominciano gli infortuni.
Prima il metatarso. Poi, nel Mondiale del 2006, il ginocchio, con lesione al legamento crociato e stop di almeno 9 mesi.
Passa qualche anno, e qualche infortunio. Il Newcastle retrocede e lui non rinnova, così va al Manchester United orfano di Cristiano Ronaldo. Sta a Old Trafford 3 anni, fino al 2012, con più bassi che alti, prima di andare un anno allo Stoke City per poi chiudere la carriera, a 34 anni da compiere.
Finisce il 29 maggio del 2013 tra i cori e gli applausi delle tifoserie di Stoke City e Southampton, “fenomeno incompiuto” da 213 reti in 466 partite, media pazzesca nonostante tutti i problemi fisici avuti in carriera.
Vien da dire, davvero, “peccato”.

RUGGERO ROGASI
Twitter @RuggeroRogasi
Le altre Nostalgie del 2000:
-Portiere: Edwin van der Sar
-Difensore: Rio Ferdinand
-Difensore: Jamie Carragher
-Difensore: Sol Campbell
-Esterno destro: David Beckham
-Centrocampista: Steven Gerrard
-Centrocampista: Robert Pires
-Esterno sinistro: Ryan Giggs