Chi è stato il vero nemico del Manchester City nella stagione appena conclusa? La squadra è ricca di talenti in crescita e campioni affermati, con un allenatore capace ma non al top, e sembrava la seconda maggior candidata al titolo finale. Ma il “nemico” è spuntato dall’interno.
LA SCORSA STAGIONE
Il Chelsea l’anno scorso era tutta un’altra cosa, quindi per il Manchester City c’erano ben poche speranze: secondo posto per i Citizens, a 8 punti dalla capolista. La consolazione era Sergio Aguero, primo nella classifica marcatori con 26 reti, la miglior stagione di Yaya Touré e la qualificazione diretta alla Champions League. Gli obiettivi erano chiari: vincere la Premier League e andare più lontano possibile in Europa. Il mercato è stato quindi preparato in grande stile.

LA STAGIONE APPENA CONCLUSA
Partono Dzeko, Jovetic, Negredo e Nastasic, per far entrare Delph, Otamendi, Sterling e Kevin De Bruyne. Più di 200 i milioni spesi per l’ennesima campagna acquisti da record. Fino alla 14^ giornata la stagione va bene, in costante lotta per la vetta, poi la squadra crolla e inizia un lento declino, fino alla disfatta contro il Leicester (1-3 all’Etihad Stadium) con il sorpasso del Tottenham e, a fine stagione, dell’Arsenal. Quarto posto finale, a parimerito con i rivali dello United (ma in vantaggio per la differenza reti). Miglior attacco del campionato, con ben 71 reti (24 per il Kun, il secondo è il giovane Kalechi Iheanacho con 8, il terzo De Bruyne con 7). A febbraio la vittoria in Capital One Cup con il Liverpool addolcisce un po’ una stagione in generale deludente, con il sogno in Champions League infranto in semifinale con il Real Madrid.

COSA È SUCCESSO?
La situazione dell’allenatore Manuel Pellegrini era chiara: il contratto in scadenza a giugno lasciava intendere che non sarebbe stato confermato per la prossima stagione. E lì c’è stato l’errore fatale da parte della dirigenza. L’annuncio del prossimo arrivo di Guardiola il 1° febbraio ha tagliato le gambe ad un allenatore ancora in corsa per tutti gli obiettivi (il City era ancora secondo in campionato), trasformandolo in un “dead man walking” destinato a lasciare tutto una volta finita la stagione. Anche le varie dichiarazioni su alcuni elementi della rosa, ormai alla fine del loro ciclo a Manchester ma ancora determinanti per la causa, hanno una squadra che aveva bisogno di certezze per continuare. La partenza di alcuni titolari, rimpiazzati da altri giocatori, può aver compromesso alcune alchimie formate in anni di militanza, con la necessità di far ambientare al meglio i nuovi elementi nel nuovo schieramento. Benissimo ha fatto il belga Kevin De Bruyne, pagato al Wolfsburg ben 74 milioni di euro: tanta corsa e forza fisica, unita a piedi fini e voglia di spaccare il mondo in un campionato che, con il Chelsea, non aveva assaporato fino in fondo. Più frettolosa la trattativa per Raheem Sterling (63 milioni al Liverpool), grandissimo talento ma fuori dagli schemi degli Sky Blues, complice anche un rendimento molto al di sotto delle aspettative. Touré non ha vissuto una grande stagione con le voci di mercato alle spalle, e l’infortunio di Kompany in difesa ha costretto Pellegrini ad affiancare a Otamendi uno tra Demichelis e Mangala, non proprio prime scelte per una squadra che punta alla vetta.

COME RIALZARSI?
La prima domanda da farsi è: può il tiki-taka di Guardiola fare strada in un campionato molto fisico e poco tattico come la Premier League? La seconda: Il Manchester City ha gli uomini adatti per questa scelta tattica?
La prima domanda è complicata: fitte reti di passaggi possono essere vincenti in molte situazioni, ma potrebbero essere controproducenti nel caso le forze in campo non siano in grado di farlo nel miglior modo possibile. E qui spunta la risposta alla seconda domanda: attualmente all’Etihad Stadium non ci sono i giocatori adatti alle trame di gioco di Pep: Fernando e Fernandihno (dando la partenza di Touré quasi per scontata) sono giocatori fisici, di interdizione, e David Silva non può essere spostato in mediana perché si perderebbe la sua utilità sulla trequarti. Ecco che quindi prendere un regista potrebbe essere la chiave: Toni Kroos è essere una soluzione gradita, ma il Real Madrid non ha bisogno di monetizzare e il tedesco sta benissimo al Santiago Bernabeu. L’alternativa può essere Gundongan, in partenza dal Borussia Dortmund, e affiancargli Thiago Alcantara del Bayern Monaco sarebbe un modo per far felice il tecnico: il centrocampista spagnolo è uno dei suoi pupilli, lo ha già portato in Baviera dal Barcellona. Il terzo (ipotizzando il classico 4-3-3 tanto caro a Guardiola) potrebbe essere uno tra Isco e James Rodriguez, trequartisti del Real ma adattabilissimi a mezzali e in rotta con le Merengues. Se poi Sterling dovesse ritrovare il suo smalto perduto l’attacco sarebbe a posto con l’inglese insieme al Kun e De Bruyne per uno dei reparti avanzati più spaventosi d’Europa.
Mancherebbe però un difensore per far rifiatare (o sostituire) la coppia Kompany-Otamendi: i nomi più desiderati sono Stones e Laporte, entrambi molto giovani ma con una certa esperienza (specialmente per quanto riguarda il secondo, accostato anche a Chelsea e Barcellona).
Verrebbe fuori una gran bella fuoriserie, continuando la metafora di Antonio Conte.

RUGGERO ROGASI
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