Sono sempre stato appassionato di calcio sudamericano: Apertura e Clausura, Brasileirao… Lì i calciatori non sono strapagati, spesso giocano per divertirsi o comunque sembra non prendano lo sport troppo seriamente, pochi fanno il grande salto in Europa.
E, specialmente negli anni scorsi, seguivo molto Sportitalia, che dava alcune partite (alcune in diretta, altre in replica) che spesso finivano con 3 o 4 gol per parte.
Sarà stato il 2008, stavo guardando la replica di una partita del River Plate, e vedo un giocatore fare un gol totalmente inaspettato. È piccolino di statura, o almeno troppo piccolo per fare un salto del genere. Prende la palla di testa e fa un gran gol.
Non lo conoscevo, non ero espertissimo della rosa dei Millionarios. Il commentatore diceva “Garcìa”, sulla maglia, numero 9, c’era scritto “Falcao”.
Cominciai piano piano ad appassionarmi di quel colombiano piccolo, rapido e forte, dal salto poderoso, che segnava da tutte le posizioni.
Nell’estate del 2009 passò al Porto per 5,5 milioni di euro. A quel punto ebbi poche occasioni per rivedere “El Tigre” all’opera, ma mi fece piacere vedere che era riuscito ad attirare lo sguardo di una squadra europea anche piuttosto famosa. Era il Porto di Hulk, Guarìn, James Rodriguez, Joao Moutinho, Rolando, Pereira… una signora squadra, per intenderci.
Ebbene, in 43 partite nella sua prima stagione in Europa, Falcao segna 34 reti!
Uno potrebbe pensare “sì, facile segnare nel campionato portoghese se giochi nel Porto”. Vero, ma di quei 34 ce ne sono 4 in 8 presenze in Champions League: 2 all’Atletico Madrid e uno a APOEL e Arsenal.
La seconda stagione va ancora meglio: 44 partite con i Dragoes e 38 reti, di cui ben 17 in 14 gare di Europa League, in cui il Porto trionfa in finale con il Braga proprio grazie al suo senso del gol.
Dopo 87 gare e 72 reti, quindi, passa all’Atletico Madrid per 40 milioni di euro (più 7 di bonus).
Anche qui fa sfaceli: alla prima stagione con i Colchoneros si ripete in Europa League, vincendola e segnando una doppietta nel 3-0 in finale contro l’Athletic Bilbao.
Il suo nome si fa grande, tutti imparano a conoscerlo e a desiderarlo al centro del proprio attacco.
Nell’estate del 2013 è considerato l’attaccante più forte del mondo, messo sullo stesso livello di Lionel Messi e Cristiano Ronaldo, tantissime sono le squadre che seguono un bomber da 70 reti in 90 partite con l’Atletico.
Tra le voci di una trasferimento al Real Madrid, un interessamento del Chelsea e chissà quante altre indiscrezioni, è il neo promosso Monaco a spuntarla: il magnate russo Dmitrij Rybolovlev decide di metter mano ai fondi per trasformare i bianco rossi nella prima forza francese (grazie anche a un fisco molto meno restrittivo rispetto al resto della Francia). Falcao arriva per 60 milioni di euro, insieme ad alcuni ex compagni nel Porto come Moutinho e James. L’inizio è buono, poi il dramma.
Il 22 gennaio del 2014 subisce un grave infortunio al ginocchio sinistro. Salta quindi il resto della stagione e il Mondiale in Brasile con la sua Colombia, in cui si consacra la stella del “Diez” James Rodriguez.
Rybolovlev si stanca presto del suo giocattolo, dopo appena una stagione: taglia i fondi a disposizione del club, e sorge un nuovo problema.
L’ingaggio del numero 9, ormai ristabilito del tutto, è altissimo (oltre 10 milioni l’anno), e la volontà del club è di liberarsene.
È qui che nasce la sua esperienza in Premier.
Arriva il Manchester United, che lo ingaggia in prestito oneroso di 12 milioni di euro, con diritto di riscatto a fine stagione fissato a 55.
Tutti con lo sguardo vigile, a vedere cosa avrebbe potuto fare un attaccante di livello assoluto accanto a Wayne Rooney, Van Persie e un altro nuovo acquisto: Angel Di Maria, appena arrivato dal Real Madrid.
Questo magico quartetto, invece, si inceppa.
Rooney comincia ad accusare acciacchi fisici dovuti anche ai grandi sacrifici fatti nei suoi anni di carriera, Van Persie comincia a perdere colpi e Di Maria non sembra essere il mago della Decima con le Merengues, complice anche il ruolo di trequartista datogli da Van Gaal.
E Radamel ne risente. Appena 4 reti in 30 partite con i Red Devils, spesso lasciato in panchina dopo le prime, deludenti, prestazioni. E la sua speranza di riscatto (in tutti i sensi) si affievolisce piano piano.
Torna nel Principato giusto in tempo per fare le valigie e riprovare in Premier.
Stavolta è il Chelsea di Mourinho a prenderlo, sempre in prestito oneroso con diritto di riscatto.
El Tigre si ritrova quindi ad avere in squadra il suo ex compagno di reparto Diego Costa, con cui aveva legato molto nel suo ultimo anno a Madrid, insieme a Willian, Oscar e Hazard a innescarli. Le premesse sono, ancora una volta, molto buone. È l’annata, però, ad essere sfortunata.
I Blues non girano, Mourinho non riesce più a riprendere la squadra e viene esonerato.
Falcao si infortuna di nuovo, ad inizio novembre. È ancora indisponibile ma sta recuperando, per provare a dare una mano ai suoi per risalire e agguantare una quasi impossibile qualificazione in Europa League.
Solo 11 presenze e un gol per lui finora.
Nel mezzo tante altre voci di mercato: a ottobre è stato accostato a Inter, Juventus e Fiorentina, ma il suo ingaggio è troppo alto e difficilmente potrebbe essere considerato un obiettivo verosimile.
Difficile che il Chelsea lo trattenga, così tornerà di nuovo in Francia, dove potrà provare a riprendersi, ma occhio anche alle voci che lo vogliono in Cina.
Ma come mai un attaccante del genere ha avuto un calo così vertiginoso?
Di sicuro tanto ha fatto il brutto infortunio, che lo ha tenuto ai box per 6 mesi, interrompendo il suo periodo d’oro (anche in Francia stava avendo buonissimi risultati: 13 reti in 22 apparizioni!). Rientrare da un infortunio così lungo, poi, è difficile: c’è la paura di una ricaduta, si è molli nei contrasti o si evitano del tutto. È anche, quindi, una cosa mentale. Infine, le difese in Inghilterra, sono molto più muscolari e solide, ma il Falcao del 2012 le avrebbe scardinate senza problemi.
Riusciremo, priama o poi, a rivedere Radamel Falcao come eravamo abituati a vederlo?
Difficile dirlo: raggiunta, lo scorso febbraio, la soglia dei 30 anni, il colombiano è sempre più vicino alla fase calante della sua carriera, ma qualcosa può ancora dimostrarlo.
Se riuscirà a sfruttare al meglio le poche ed ultime occasioni che avrà a Stanford Bridge, se ritroverà la forma al Monaco e riuscisse ad avere una buona media realizzativa. In tal caso potrebbe considerarsi recuperato.
In questo modo avrebbe fatto abbastanza per dirci “Eccomi, sono tornato. E sarei potuto essere il più forte centravanti del mondo”.
Bad luck, Radamel.
RUGGERO ROGASI