11 Maggio 2016,ore 16.49

FOCUS CP, Andy King: il re si è seduto sul trono

Andy King

E finalmente il Re riuscì a sedersi sul trono. Questa è solamente la fine della fiaba di Andy King, arrivato al ballo finale indossando il vestito più elegante, pregiato e seducente che il football possa offrire, quella “Diez” tanto cara alle pietre miliari di questo sport. Dal suo nome Reale ad un sogno divenuto realtà, con gli orizzonti della sua vita cambiati insieme al passare del tempo, bruciando quello che c’è intorno, crescendo senza istruzioni, trascinato da una carriera in blu, dipinto con un po’ di bianco, ma certamente felice adesso di stare lassù. Davanti a tutti. Perché prima di diventare King, Andy era un semplicissimo villano, attaccato alle Foxes del nord d’Inghilterra, tanto da seguirle dalla terza divisione fino alla Premier League, conquistata in sordina, senza apparire sulle copertine degli almanacchi ma sfruttando le occasioni a lui concesse. Non è un fenomeno, ma ha saputo arrivare a certi livelli senza che nessuno gli potesse rinfacciare niente: ha lasciato il campo quando era necessario, seguendo la sua filosofia, quella dove il Re deve mettersi al servizio del proprio popolo se vuole far sopravvivere le sue idee ed il suo potere. Una vita vissuta con la divisa del Leicester, dove capitan Morgan ha fatto capire quanto possa valere uno come lui: “King è sempre presente, è fondamentale per gli equilbri dello spogliatoio. Capisce quanto la sua squadra stia facendo bene e anche se non gioca cerca sempre di aiutare il compagno che scende in campo al suo posto, aspettando la sua chance e non deludendo mai quando viene chiamato in causa”.

 

Andy King e Riyad Mahrez esultano dopo una rete
Andy King e Riyad Mahrez esultano dopo una rete

Così come nell’opera “Leviatano“, nome di una creatura biblica ripresa poi da Hobbes, egli stringe un patto con il popolo, ovvero i tifosi e la squadra, che gli permette di essere un vero e proprio Re della piazza con l’umiltà del dodicesimo: io rispetto voi, voi rispettate me, non vorrò tutto per me, non vi scorderete mai della mia presenza. E pensare che questa fiaba poteva finire subito, quando King stava per lasciare il Leicester, la squadra con la quale ha esordito neanche ventenne dopo aver trascorso alcuni anni nelle giovanili del Chelsea, per passare allo York City, ma la retrocessione in League One non interruppe questo legame che, molto tempo dopo, avrebbe reso felici entrambi. Venuto dal Galles, paradossalmente è l’unico della sua squadra che rischia di perdere il posto in Nazionale: prima di questa stagione, era l’unico a giocarci. Ma torniamo al tanto caro ordine cronologico: nel 2008 la retrocessione, un anno dopo la risalita, dove, da centrocampista arretrato, si afferma con undici reti stagionali, diventando un punto fisso della formazione dei Foxes, segnando tanto, anche nel 2014, quando, nonostante le “sole” trenta presenze, porta il suo Leicester in Premier League. Secondo titolo vinto, il Re si stava avvicinando alla corona, insperata ma molto meno lontana del sudore dei campi che circondano il castello. Ma la magia dello sport e quella che aleggia in ogni fiaba che si rispetti fanno il resto: Ranieri, Vardy, Mahrez, Kantè, Drinkwater, Schmeichel, tutti gli eroi devono fare i conti con il leader silenzioso, il “Dieci”. Colpisce West Bromwich ed Everton, subentra spesso e non alza il trofeo, perchè il capitano è Wes Morgan, ma la sua presenza conta di più: i sovrani che governano non sono quelli che portano uno scettro, ma coloro che sanno comandare. Quando si guarderà indietro potrà sorridere, ripensando al momento in cui lasciò il Chelsea per arrivare a Leicester che, rispetto a Londra, adesso, ha il vero Re di questa Premier League, incoronato con la medaglia e dal mondo: questa è la storia della monarchia di Andy King, singolarmente equa, trasparente e piena di gioia.

Giacomo Brunetti

Twitter: @giacomobrun24