La guardava dalla panchina l’ultima gara in Blue, lo storico Capitano del Chelsea che a Stamford Bridge ha piantato più di qualche banale radice.
John Terry ha infatti scontato la seconda delle due giornate di squalifica proprio domenica pomeriggio, e l’ultimo passo nel suo Tempio è stato anche per questo motivo meno rumoroso di quanto potessimo aspettarci.
Certo, la festa non è mancata: parliamo di un calciatore che ha fatto la storia di un club, e che nel club stesso ha trovato la propria realizzazione come calciatore. L’intero stadio lo ha acclamato a più riprese durante i novanta minuti, regalandogli cori ed infiniti scrosci di applausi al termine del match, ma il tutto è stato piuttosto limitato. Come dire: si è fatto il minimo sindacale.

Chiude con 33 presenze stagionali il Capitano, ma soprattutto con un’anonima decima posizione in Premier League, un’eliminazione al secondo turno di Capital One Cup ed una al quarto di FA Cup, che unite alla finale di Community Shield persa a favore dell’odiato Arsenal e alla Champions League sfumata agli ottavi di finale contro il solito -di questi tempi- PSG, abbozzano come risaputo un giudizio assai critico nei confronti della stagione dei Blues, ben lontano dagli standard del number 26.
Tutto ciò, come è normale che sia, rende più doloroso l’addio del Capitano sia per i supporters, abituati ad anni di successi con la fascia ben salda sull’avambraccio di JT26, che per lo stesso Terry.
Che, sotto sotto, una proposta di rinnovo se la sarebbe giustamente aspettata. Ma questa è un’altra storia.

Sarà che l’Inghilterra era troppo indaffarata con i festeggiamenti del Leicester campione, sarà che l’Europeo è alle porte e che ci sono innumerevoli tematiche da trattare. Sarà quel che volete. ma la sensazione è che l’ultimo passo di John Terry sul prato di Stamford Bridge sia passato troppo in fretta e, soprattutto, non sia stato degnamente tributato.
Simone Torricini
Twitter: @TorriciniSimone