Ogni posto ha un luogo comune che lo contraddistingue: l’Inghilterra, per esempio, è vista da molti come il paese dove a farla da padrone sono la pioggia, le giornate grigie ed il discutibile humor britannico. C’è una cittadina, una delle più vicine geograficamente a noi, dove questi pregiudizi vengono demoliti lasciando spazio a sole, mare e spensieratezza: siamo a Bournemouth, la tappa del nostro viaggio in questo paradiso che si affaccia sulla Manica e da quest’anno anche nel grande calcio anglosassone. Proprio qui, infatti, le estati sono caratterizzate da temperature più favorevoli e con un bel volo in mongolfiera, tipica attrazione locale, si può gustare l’intero panorama costiero del Dorset: con un occhio al paesaggio, fatto di spiagge, scogliere, flora immacolata e fari, con quest’ultimi che niente hanno a che vedere però con i maestosi dirimpettai bretoni, ed uno sul Dean Court, diecimila posti pronti ad ospitare la Premier League anche il prossimo anno. Già, perché proprio qui domenica il Bournemouth ha affossato 3-2 lo Swansea, prendendo di fatto quei tre punti che sanciscono ormai la presenza di questa deliziosa località che ha ospitato anche Mary Shelley al fianco di Manchester City, Arsenal e Chelsea pure la prossima stagione.
“Ti rallegrerai nell’apprendere che nessun disastro ha accompagnato l’inizio di un’impresa alla quale tu guardavi con tanti cattivi presentimenti”: scriveva questo l’autrice, vissuta nel sobborgo di Boscombe, nome originario della società calcistica, nella sua famosa opera Frankestein. Riguardando la recente storia del Bournemouth possiamo dire però che non è andata proprio così: dal 2008, anno del disastro economico in quarta serie, i Cherries hanno risalito le gerarchie del calcio inglese conquistando una storica Championship e raggiungendo, dopo sette anni dal possibile fallimento, la Premier.

“The Great Escape”, così definita dagli inglesi, la grande fuga iniziata con la salvezza nonostante i 17 punti di penalità e proseguita, l’anno dopo, con l’arrivo del nuovo presidente Jeff Mostyn e la promozione in Football League One. L’allenatore, Howe, lasciò la squadra, che nonostante ciò si qualifica per due volte ai playoff senza però riuscire ad arrivare in Championship. La terza stagione fu invece disastrosa ma l’anno dopo, al quarto tentativo, dopo aver richiamato Howe il Bournemouth riesce a centrare la promozione nella seconda serie inglese dove arriva decimo, guardando a questa stagione solo come prova generale. L’anno succesivo sarà quello buono. Sono passati sette anni da quando il club ha rischiato di fallire e adesso, con il 3-0 al Bolton, i Cherries, chiamati così poiché il Dean Court venne costruito accanto ad una tenuta di ciliegi, hanno raggiunto la Premier League: 90 punti, uno in più del Watford e la storia è scritta.
Un’estate da sogno, la scorsa, per la prima volta nel calcio dei grandi: Eddie Howe rimane in panchina, così come il bomber Callum Wilson, dopo i venti gol della passata stagione, si tiene stretta la sua maglia numero 13. L’inizio non è promettente: due sconfitte con Aston Villa e Liverpool per poi andare a vincere 3-4 contro il West Ham nel primo successo stagionale, al quale seguono però solamente sette punti in dodici partite. È a dicembre che il Bournemouth cambia andamento: vince contro il Chelsea ed il Manchester United venendo sconfitto solo dall’Arsenal, raccogliendo alla fine del mese dieci punti. A gennaio anche una conoscenza del nostro calcio arriva a dar mano: Iturbe, soffiato al Watford, prestito con riscatto a 22 milioni. La svolta definitiva avviene a marzo: tre vittorie negli ultimi quindici giorni e tredici punti dal Norwich terzultimo.
L’impresa è riuscita, a Dean Court anche l’anno prossimo soggiornerà il grande calcio: le ciliegine, the Cherries, sulla torta della dolce storia del Bournemouth.
GIACOMO BRUNETTI